Se le parole sono pietre

Innanzitutto la lapide, perché il 25 aprile le parole sono pietre. Così la vigilia è stata finalmente rimessa al suo posto la scritta che ricorda Ferdinando Agnini, giovane studente della scuola media Montesacro che i compagni e gli insegnanti vollero ricordare nell’atrio della scuola. Chiusa la scuola, l’edificio è diventato sede del consiglio del Municipio, e nel restauro la lapide era stata rimossa. Ora è lì a ricordare un giovane studente di medicina che ha finito la sua vita alle Fosse Ardeatine, figura simbolo della Resistenza di Montesacro e Val Melaina. Una tra tutte, perché – come in molti altri quartieri di Roma – la Resistenza ci fu, e molte furono le sue vittime.

A ricordarlo “I ribelli dell’oltre Aniene” del Circolo culturale Montesacro, presentato ieri proprio nella sala comunale dal presidente Paolo Marchionne e da Antonio D’Ettorre che insieme a Stefano Prosperi, Massimo Taborri e Piero De Gennaro ha curato il libro (Chillemi editore, 12 euro, 140 pgg.). Un lavoro che intreccia la ricerca storia alla storia orale, la raccolta di testimonianze dirette di persone che hanno visto, hanno saputo, hanno vissuto quegli anni terribili e densi.

Animatore dell’Arsi (associazione rivoluzionaria studentesca romana) insieme a Nicola Rainelli, anche lui studente in medicina, Agnini riusci a coagulare giovani di ispirazioni diverse, da Orlando Orlandi Posti a Luciano Celli, da Gianni Corbi a Luciano Palomba. E ai “caimani del Bell’Orizzonte” banda di ragazzotti che si ritrovava in una spiaggetta sull’Aniene, il Bell’Orizzonte, appunto. Insieme si possono fare molte cose: spargere chiodi a quattro punte e bloccare colonne tedesche. Tagliare i fili telefonici per isolare i comandi. Fare irruzioni aperte o furtive nelle caserme per impadronirsi di armi. Diffondere notizie e stampa antifascista. Nascondere i militari inglesi o americani e procurare documenti falsi per i ricercati. Unirsi ai Gap e al Cln.

Si ritrovano poi a Porta san Paolo, combattono a difesa di ponte Tazio. Fu una spia a denunciarne molti, a riconoscerli, a guidare i tedeschi nelle loro case, a interrogarli e torturarli. L’anarchico Amilcare Galdoni viene fucilato il 12 aprile 1944 nel perugino. Tra il 30 dicembre 1943 e il 7 marzo successivo a Forte Bravetta vengono fucilati Riziero Fantini, Italo Grimaldi, Antonio Ferrua, Raffaele Riva, Giovanni Andreozzi, Paul Lauffer. Dieci arrestati furono fucilati per rappresaglia il 9 marzo. Il 24 marzo Agnini, Orlandi Posti, Rocchi, Pistonesi, Di Paola, e il generale Vito Artale vengono fucilati alle Fosse Ardeatine. La meglio gioventù.

Struggente l’appendice, le lettere di Lallo Orlandi Posti dal carcere, bigliettini infilati nella biancheria sporca: la fame, la paura, la segregazione, il freddo, il diciottesimo compleanno passato tra i compagni di cella, l’amore svelato alla sua ragazza solo nell’ultimo biglietto, dopo aver saputo della sua condanna.

Federico Scarpato, la spia più odiata, fu processato dall’alta corte di giustizia e fucilato nel ’45. Francesco Sabelli e Armando Testorio, militari, furono giudicati dal Tribunale militare e giustiziati a Forte Bravetta. Dopo la liberazione non ci furono vendette popolari né ritorsioni, scrivono gli autori, “sia per il gran senso di civiltà e rispetto per l’umanità che animava i partigiani, che per la consapevolezza diffusa che le responsabilità di quell’immane tragedia non potevano essere ascritti a quei singoli, spesso meschini individui, ma dovevano essere ricercati nelle forze che l’Italia avevano governato e controllato. E in quei giorni si viveva nella speranza che questo paese potesse finalmente diventare un paese moderno, laico e in cui privilegi, soprusi e disuguaglianze potessero sparire”. In quei giorni…